Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge in oggetto detta una disciplina organica e articolata del settore erboristico la cui approvazione diventa ormai una necessità dopo ben diciannove anni di dibattiti parlamentari sulla materia.
      Le ragioni che inducono a ripresentare una proposta di legge in tale senso, dopo che nella precedente legislatura l'iter del disegno di legge atto Senato n. 2852 non si è potuto concludere per lo scioglimento delle Camere, sono diverse: le più importanti sono quelle riguardanti la crescente diffusione dell'automedicazione - che pone una problematica anche di ordine sanitario - e il conseguente attuale incremento del commercio e dell'uso di tali piante; la necessità di modificare profondamente la normativa nazionale vigente nel settore e in primo luogo la legge 6 gennaio 1931, n. 99, che, oltre ad essere obsoleta e fortemente inadeguata rispetto alle novità intervenute e alle nuove conoscenze tossico-farmacologiche, è anche fonte di continui equivoci e di contrastanti pareri; la mancanza di una definizione legislativa chiara dei profili e delle competenze delle figure professionali operanti nel settore dell'erboristeria. Al riguardo va rilevato che i ruoli dell'erboristeria e dell'erborista discendono soltanto dalla tradizione e dall'esperienza, sono giuridicamente incerti, sono oggetto di ricorrenti interpretazioni controverse e vi è dunque bisogno di ricercare una loro adeguata collocazione e definizione.
      Le stesse definizione e classificazione delle piante officinali per uso erboristico richiedono aggiornamenti e precisazioni.
      Secondo la legislazione vigente «per piante officinali si intendono le piante medicinali, aromatiche e da profumo». Il regio decreto 26 maggio 1932, n. 772, recante l'elenco delle piante dichiarate officinali, indica cinquantaquattro piante officinali spontanee che sono in grado, a seconda della specie, di esplicare determinate

 

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azioni terapeutiche, salutari, aromatizzanti e cosmetiche.
      Tutta la normativa vigente in materia è comunque imperniata sulla citata legge 6 gennaio 1931, n. 99, a cui hanno fatto seguito, nel 1932, il regolamento applicativo di cui al regio decreto n. 1793 del 1931, e il già ricordato elenco delle piante dichiarate officinali. Da allora sono passati molti anni e la realtà è profondamente mutata, anche se ultimamente vi è stato un parziale intervento legislativo grazie al decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, attuativo delle direttive 2001/83/CE e 2003/94/CE, che ha definito sia i «medicinali vegetali tradizionali» che i «medicinali omeopatici».
      Va ricordato che un'alta percentuale di piante officinali consumate in Italia viene attualmente importata dall'estero anche se quelle estere, si sostiene da più parti, non sempre eguagliano per qualità quelle nazionali, aggravando peraltro di varie decine di milioni di euro il saldo negativo della nostra bilancia agro-alimentare. Per converso sono sempre più numerosi gli studiosi e gli esperti che ritengono che il nostro Paese possieda forti potenzialità nel campo della coltivazione di tali piante. Un incremento della loro produzione, a cui mira, assieme ad altre finalità, la presente proposta di legge, consentirebbe, tra l'altro (come dimostrano alcune significative esperienze in atto in Toscana e in altre regioni), il recupero di terre incolte e l'aumento dell'occupazione giovanile, e potrebbe altresì consentire nell'avvenire un apprezzabile incremento dell'esportazione di piante officinali di buona qualità nazionale. Inoltre, sia sulla base di ben note passate esperienze (vedasi il largo contributo che le sostanze di origine vegetale hanno dato e danno alla moderna farmacologia), sia per gli orientamenti attuali derivanti, talvolta, dall'isterilirsi della ricerca di composti sintetici, un impulso all'attività di ricerca fitoterapica determinerebbe nuovi stimoli anche alla ricerca farmaceutica.
      Volendo ricercare risposte positive alle esigenze sopradette e ad altre ancora, con la presente proposta di legge si intende giungere alla formulazione di una normativa moderna ed equilibrata che disciplini la coltivazione, la raccolta, la trasformazione, il commercio e la promozione della produzione e della ricerca nel settore delle piante officinali utilizzabili in erboristeria e, parzialmente, in farmaceutica. Costituendo l'erboristeria un'attività che incide positivamente o negativamente, anche a seconda della correttezza della sua applicazione, sullo stato di salute dei cittadini, è necessario promuovere l'educazione igienica e sanitaria, particolarmente dei giovani, attorno a questa materia.
      La presente proposta di legge tiene conto e si avvale degli importanti risultati a cui sono pervenuti, nei vari dibattiti e nelle elaborazioni, le associazioni professionali degli erboristi e altre associazioni, esperti e studiosi della materia, amministratori locali e regionali, prefiggendosi di fornire le risposte che sono oggi possibili e di compiere un passo avanti essenziale per l'adeguamento e per lo sviluppo della normativa vigente in modo da tutelare gli acquirenti e dare tranquillità e sicurezza agli operatori erboristici.
      Dopo un periodo di oblio, le piante medicinali sono oggi in netta riscoperta in tutto il mondo ed è indubbio che più volte si sono avute conferme sperimentali di quanto era stato empiricamente osservato, nel passato, con la terapia vegetale e la medicina popolare. Nell'esercizio di antiche pratiche e nell'uso di antiche ricette è prevalsa a lungo l'influenza della superstizione e dei riti della magia. Ciò era inevitabile. Però, con il passare del tempo, la fitoterapia è andata acquistando, in alcuni Paesi europei, un rigore scientifico pari a quello della medicina ufficiale, anche se non è ancora riuscita a riscattarsi pienamente da una condizione di emarginazione e di subordinazione; in particolare la Gran Bretagna e la Germania si sono già date una normativa riguardante l'erboristeria. La chimica moderna ha portato, nella farmacoterapia, il trionfo dei prodotti sintetici e ha ridotto drasticamente l'uso di preparati a base di vegetali. Le preparazioni magistrali a base di piante sono quasi scomparse nelle prescrizioni
 

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mediche. Non sono invece diminuiti l'uso e la produzione di preparati galenici a base di erbe medicinali, quali le tisane, le polveri e gli sciroppi.
      È indubbio che il farmaco di sintesi chimica ha costituito e costituisce ancora una conquista essenziale nella battaglia per il miglioramento dello stato di salute degli individui e della collettività e per l'innalzamento dell'età media delle popolazioni. A partire dalla legge di riforma sanitaria (legge 23 dicembre 1978, n. 833) si è sempre più andata affermando una concezione che sottolinea la funzione sociale e la prevalente finalità pubblica della produzione dei farmaci, e in questo senso i provvedimenti degli ultimi governi di centro-sinistra hanno puntato alla qualificazione della produzione e alla distribuzione di farmaci di comprovata efficacia, riducendo all'essenziale il campo di quelli prescrivibili. È noto, infatti, che l'eccesso del loro uso, spesso causa di malattie iatrogene, è sovente originato da una spinta consumistica, da cui derivano danni crescenti alla salute dei cittadini e un continuo appesantimento della spesa sanitaria.
      Non è facile individuare le varie cause che hanno concorso a determinare la diffusione dell'autoterapia e il crescente ricorso all'uso dei prodotti naturali, con il conseguente boom dell'erboristeria. Molto probabilmente ciò è dovuto alla crescente convinzione dei limiti della farmacoterapia nei confronti delle patologie oggi prevalenti, dominate dalle malattie degenerative di origine ambientale e sociale, nonchè dai danni crescenti alla salute umana derivanti dall'uso eccessivo e improprio dei farmaci. Va inoltre tenuta presente la tendenza a riscoprire e a ricercare un più equilibrato rapporto con la natura, anche per sfuggire alla spinta consumistica e alle suggestioni di campagne pubblicitarie poco scrupolose che stanno investendo anche il settore delle piante officinali per uso erboristico. Questo atteggiamento, accompagnato talvolta da una infatuazione acritica verso i prodotti erboristici, parte dalla convinzione che la sostanza naturale sia una garanzia di salute o, quanto meno, non esponga ai rischi indotti dall'assunzione di medicinali.
      A fronte di tale realtà sembra in certi casi auspicabile la sostituzione parziale dei medicamenti sintetici con piante officinali, anche per ovviare al consumismo farmaceutico, adeguandosi così ad altri Paesi europei, tra cui la Gran Bretagna e la Repubblica Federale di Germania. Ciò anche in considerazione del fatto che non sembra dimostrato che un principio attivo riprodotto per sintesi svolga lo stesso effetto terapeutico del medesimo principio attivo presente in medicamenti vegetali. Attualmente un terzo di tutti i prodotti farmaceutici presenti nel mondo deriva da piante, e con i miceti e i batteri si supera il 60 per cento, ma in tale derivazione è possibile e necessario andare ben oltre.
      Ci pare comunque opportuno osservare che il fenomeno del ritorno alla natura viene più volte utilizzato da varie iniziative pubblicitarie che, avvalendosi della buona fede dell'erborista, mirano alla ricerca di facili guadagni. Si rende perciò ancora più necessaria un'azione dei poteri pubblici per tutelare efficacemente gli interessi dei consumatori e la salute dei cittadini. Tutelare il consumatore vuol dire anche informarlo che può incorrere in conseguenze dannose per la salute quando egli faccia ricorso a un uso eccessivo e prolungato di piante officinali vendibili in erboristeria.
      Pur essendo noto che i pericoli derivanti dall'uso dei prodotti erboristici paiono essere sensibilmente ridotti rispetto a quelli provenienti dal consumo di farmaci sintetici, è comunque necessario - anche perchè l'erborista, per quanto esperto, non è un farmacista o un fitoterapista - considerare l'autoterapia nei suoi risvolti sanitari e adeguare le norme legislative in modo da sottrarre i consumatori ad eventuali possibili pericoli e inganni mercantili nonché tutelare la loro salute.
      All'erboristeria fa ricorso da sempre una fascia non secondaria di cittadini traendone, in presenza di lievi disfunzioni fisiologiche dell'organismo a cui sono soggetti anche gli individui sani, vari vantaggi
 

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e benefìci. Del resto, che l'erboristeria occupi uno spazio ed eserciti un proprio ruolo è testimoniato anche dal fatto che l'Organizzazione mondiale della sanità ha creato un proprio centro di ricerche che sta lavorando all'individuazione delle piante officinali utilizzabili in erboristeria. In ogni caso l'automedicazione e l'erboristeria sono diventate realtà consistenti con le quali anche il legislatore è chiamato a misurarsi, cercando di disciplinarle in maniera corretta, obiettiva e moderna.
      L'articolo 1 definisce l'oggetto della presente proposta legge, che afferisce alle attività di coltivazione, lavorazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione delle piante officinali, loro parti, droghe e relativi derivati che, per loro natura, trovano motivo d'uso con la denominazione di «prodotto erboristico» nonché la presentazione del prodotto erboristico stesso ed i requisiti professionali dell'erborista ai quali è subordinato il riconoscimento della sua idoneità ad esercitare le attività di raccolta di piante officinali selvatiche nonché di produzione e di commercio del prodotto erboristico. Si escludono dall'ambito di applicazione della legge le attività di commercializzazione delle piante destinate all'uso alimentare e dietetico nonché i prodotti classificati come integratori alimentari.
      L'articolo 2 elenca tutte le definizioni necessarie per operare con chiarezza nel settore erboristico e reca il divieto di utilizzare in tale settore piante geneticamente modificate.
      L'articolo 3 detta criteri per la classificazione dei prodotti di cui all'articolo 2.
      L'articolo 4 reca norme dirette a favorire lo sviluppo della coltivazione delle piante officinali e prevede l'autorizzazione per la raccolta spontanea.
      L'articolo 5 disciplina l'autorizzazione alla trasformazione e alla lavorazione delle piante, delle droghe e dei prodotti indicati dall'articolo 2, mentre gli articoli 6 e 7 disciplinano, rispettivamente, l'utilizzo della denominazione «erboristeria» nonché le modalità di preparazione dei prodotti erboristici.
      L'articolo 8 disciplina la vendita dei prodotti erboristici, sia come prodotti preconfezionati, sia come prodotti preincartati, sia allo stato sfuso, mentre l'articolo 9 specifica le modalità di etichettatura dei prodotti erboristici preconfezionati.
      L'articolo 10 indica le modalità per l'immissione in commercio dei prodotti erboristici preconfezionati, l'articolo 11 reca norme sulla vigilanza igienico-sanitaria e l'articolo 12 istituisce una Commissione tecnico-scientifica, nominata dal Ministro della salute di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca, delle politiche agricole alimentari e forestali e dello sviluppo economico, con funzioni consultive e di proposta, in particolare in materia di classificazione delle piante e dei prodotti erboristici. Gli articoli 13, 14 e 15 sono diretti, rispettivamente, a promuovere la ricerca finalizzata, la protezione della flora, in particolare stabilendo che talune piante protette possano essere raccolte solo dagli erboristi qualificati, nonché la cultura erboristica. Gli articoli 16 e 17 disciplinano, rispettivamente, l'importazione di prodotti erboristici preconfezionati da Stati non appartenenti all'Unione europea nonché la pubblicità dei prodotti erboristici stessi che non deve trarre in inganno l'acquirente sulle proprietà e caratteristiche del prodotto. Particolare importanza rivestono le disposizioni transitorie recate dall'articolo 18, specialmente quella relativa alla possibilità, per trentasei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, di proseguire le attività di vendita di prodotti erboristici per coloro che le svolgono alla medesima data, anche se non sono in possesso del diploma di erborista o degli altri titoli ammessi per l'esercizio della professione, salvo il successivo conseguimento del titolo di studio stesso.
      L'articolo 19 stabilisce le sanzioni per le violazioni alle disposizioni della legge mentre gli articoli 20 e 21 recano, rispettivamente, le abrogazioni e l'entrata in vigore.
 

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